Mostra in corso

Carlo Ferrari - L'ultimo ghiaccio

da L'ultimo ghiaccio

di Chiara Serri

Riflessi, trasparenze e vibrazioni tonali. Colossi di ghiaccio che, nella loro sublime grandezza, rivelano l'estrema fragilità del nostro pianeta, minacciato dai cambiamenti climatici.

La sfida, a livello pittorico, risiede nella scelta del soggetto: dipingere il ghiaccio significa dipingere l'acqua nella sua forma solida, inseguendo la luce. Densa, compatta, apparentemente inespugnabile, la superficie dell'iceberg è modellata dall'azione dei venti, che risparmia torri e pinnacoli, dando vita ad antri misteriosi e pareti luminescenti. (...)

Certamente Ferrari non è il primo artista che realizza un dipinto il cui contenuto evoca scenari glaciali – pensiamo a Il mare di ghiaccio di Caspar David Friedrich, agli iceberg dello statunitense Frederic Edwin Church, o ancora alle esperienze dell'Iperrealismo – ma le sue opere presentano un carattere di interessante originalità: la massa di ghiaccio è estrapolata dal contesto, quasi fosse l'ultimo baluardo di uno scenario naturale che stiamo progressivamente perdendo.

Il fondo uniforme – che esso sia nero così come era per i papaveri, oppure bianco o blu cobalto – rende, infatti, l'immagine onirica e surreale. La tecnica minuziosa ritrae il dato naturale, esito di un'approfondita ricerca iconografica. Il fondo lo rende sospeso. Perdiamo ogni coordinata spazio-temporale e ci chiediamo se quel blocco di ghiaccio esista realmente o sia piuttosto lascito di una memoria condivisa o, ancora, dell'immaginazione dell'autore.

Dipingere il ghiaccio corrisponde a preservarne eterna memoria. La pittura ad olio rende immortale – o presunto tale – ciò che è fragile e corruttibile, interpretando il desiderio dell'artista di tutelare non tanto il proprio presente, quanto il futuro delle generazioni a venire.

from The Last Ice by Chiara Serri

Reflections, transparencies and tonal vibrations. Colossi of ice that, in their sublime grandeur, reveal the extreme fragility of our planet, threatened by climate change.The challenge, on a pictorial level, lies in the choice of the subject: to paint the ice means to paint the water in its solid form, chasing the light. Dense, compact, apparently impregnable, the surface of the iceberg is shaped by the action of the winds, which spares towers and pinnacles, giving life to mysterious caverns and luminescent walls. (...)

Certainly Ferrari is not the first artist to create a painting whose content evokes glacial scenarios - think of Caspar David Friedrich's The Ice Sea, the icebergs of the American Frederic Edwin Church, or even the experiences of Hyperrealism - but his works present a character of interesting originality: the mass of ice is extrapolated from the context, as if it were the last bastion of a natural scenario that we are gradually losing.The uniform background - whether it is black as it was for the poppies, or white or cobalt blue - makes the image dreamlike and surreal. The meticulous technique portrays the natural datum, the result of an in-depth iconographic research. The bottom makes it suspended. We lose every space-time coordinate and we wonder if that block of ice really exists or is it rather the legacy of a shared memory or, again, of the author's imagination.Painting ice corresponds to preserving its eternal memory. Oil painting makes immortal - or presumed so - what is fragile and corruptible, interpreting the artist's desire to protect not so much his own present as the future of generations to come.

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